venerdì 17 aprile 2009

Una giornata nel Rinascimento

E' una calda giornata d'estate. Il caldo afoso invade anche gli angoli d'ombra più nascosti. La gente, come un animale, cerca refrigerio nei piccoli spazi di ombra che le piante più robuste riescono a strappare al sole.
E' Giovedì 21 Luglio 1530. Io mi chiamo Andrew e vivo nella cittadina di Vicenza. La mia città, in cui vivo da quando sono nato, è una delle città più antiche delle nostre terre. I popoli che sono passati durante i secoli hanno lasciato la loro testimonianza, la maggiore delle quali è stata lasciata dai romani. La città presenta infatti le strade tipiche di quel lontano passato e le ampie piazze dove si tiene il mercato cittadino. Uno dei segni tangibili della caduta dell'Impero Romano è la diffusa presenza di corti nella penisola italica. Noi vicentini invece abbiamo subito un destino diverso. Regna qui da qualche anno la Serenissima Repubblica di Venezia. Segno di questo nuovo dominio è la diffusione di un'architettura particolarmente maestosa.
Caratteristica affascinante della nostra città è la presenza di palazzi di nuova concezione di un architetto di grande talento che si sta affermando proprio in questi anni. Il suo nome è Andrea Palladio.
Ma non è di Palladio che vi voglio parlare. Da qualche tempo girano voci riguardanti un grandissimo musicista proveniente dal lontano Ducato di Milano, Angelo da Cuggiono. Tutti lo chiamano il Menestrello per la sua musica che richiama quella dei Menestrelli che girano di corte in corte o Il Trovatore, la figura tipica del cantore proveniente dal Regno Francese e dai Paesi Germanici.
Oggi è un giorno speciale per la mia città. Angelo si fermerà qui da noi per portarci un po' della sua bella musica. Ho sentito spesso qualche cantore locale esibirsi su qualche pezzo di Angelo e ne sono sempre stato affascinato. Sentire la sua esibizione sarà per me molto emozionante e molto educativo. Non vi ho detto infatti che sono un musicista alle prime armi. E' stato mio padre a portarmi verso la musica. Fin da piccolo sono stato educato all'ascolto di brani di grande valore di nomi come Francesco Landini, Marchetto da Padova e Jacopo da Bologna. Sono stato educato anche al canto, che è una delle mie principali vocazioni. Da qualche anno studio con grande passione uno strumento di grande bellezza e di grande innovazione, la viella.
Ed è proprio con la viella e il liuto che Angelo si esibirà nella piazza più grande della nostra città.
Vi confesso che l'emozione che provo in questo momento è davvero indescrivibile. Ho visto molti artisti esibirsi in piazza perché la mia formazione trae vantaggio da questo genere di ascolto.
Oggi il pranzo si risolve velocemente perché il Maestro arriva nel primo pomeriggio e io non voglio perdermi alcun momento. Quindi una volta sparecchiato ci prepariamo per il grande avvenimento. Io indosso il mio migliore abito per fare maggiore impressione. Quando tutti siamo pronti ci dirigiamo verso la piazza centrale della città.
La gente è in grande sussulto. Ovunque si vedono bambini che scorrazzano qua e là e le madri che tentano di riacchiapparli. Lungo la strada si notano moltissimi suonatori che si esibiscono in cambio di qualche soldo.
In un baleno ci ritroviamo in piazza. E' incredibile la grande quantità di persone che si è riunita in quel luogo, dimostrando in modo inequivocabile la grande fama che si è creato questo grande artista. Subito scorgo tra la gente il mio amico Paolo. Anche Paolo è, come me, un musicista alle prime armi. Insieme, nei ritagli di tempo, ci divertiamo ad improvvisare i pezzi del Menestrello. A differenza di me lui suona l'organo. Questa sua vocazione deriva dal fatto che suo padre è un grande estimatore di Francesco Landini, uno dei più grandi organisti di tutti i tempi.
Ed ecco che all'improvviso, quando meno ce lo aspettiamo, appare tra a gente l'inconfondibile chioma argentata di Angelo. Nonostante non lo abbia mai visto dal vivo lo riconosco subito perché gli sono stati fatti parecchi ritratti.
Come le onde del mare si infrangono sulla spiaggia la gente si lascia in un applauso che fa vibrare il terreno e le pareti degli edifici circostanti. In quel momento Angelo appare sul palco che era stato predisposto per l'occasione, una pedana di legno al centro della piazza. Per l'occasione un gruppo di musicisti locali accompagna Angelo. Sono presenti un tamburo, un flauto, un cornetto, un'arpa, una viola da braccio e una tiorba. A questo punto la folla si placa. Io mi trovo molto vicino al palco perché durante l'applauso sono riuscito a spostarmi molto avanti, quindi riesco a vedere bene l'espressione che Angelo ha assunto in questo momento. Noto che tiene gli occhi chiusi e che respira con il naso in modo tranquillo. Credo sia una tecnica di rilassamento appresa durante il suo viaggio in oriente. Veste abiti molto particolari, credo pure questo testimonianza di questo suo lungo viaggio nelle terre che Marco Polo esplorò anni fa. Ed è a questo punto che impugna la sua viella ed inizia a suonare.
In prima battuta non riesco a riconoscere il pezzo. Una delle sue caratteristiche è quella di rendere unici i suoi pezzi ogni volta che si esibisce. Dopo qualche battuta riesco a riconoscere le inconfondibili note di "Ballo in fa diesis minore", un brano ispirato, si dice, alla danza del rito pagano del Sabba. Ogni nota è per me come un viaggio in una dimensione diversa da quella reale. Si diffonde in me come un fluido benigno. La folla reagisce a questa esibizione con una danza circolare attorno al palco, alla quale vengo coinvolto. Il pezzo dura parecchi minuti e il finale viene accolto con un grandissimo applauso. Una volta che l'applauso si è placato Angelo si rivolge al pubblico ringraziandoci del grande calore dimostrato. Ci spiega che la Musica ha il potere di andare oltre ai normali sensi umani poiché ci porta in una dimensione ultraterrena. I suoi studi recenti si sono proprio concentrati su questo aspetto e che il suo viaggio in oriente è stato un terreno di prova per lui e il suo spirito. Si è spinto molto in là fino ad arrivare alle lontane terre della Cina, dove l'Imperatore è rimasto così impressionato dalla sua Musica che gli ha chiesto di rimanere ospite a vita nella sua corte come guida musicale. A malincuore ha dovuto rifiutare questo grande gesto di rispetto che gli ha dato l'Imperatore perché non se la sentiva di restare troppo tempo in un luogo. La sua vita di Menestrello lo costringe a viaggiare e a conoscere genti lontane e culture lontane, e da questo ne trae una grande fonte di ispirazione musicale.
La gente lo ascolta come rapita. Angelo estrae dal suo abito quello che in principio sembra un bastone ma che si rivela poco dopo come un flauto. Ma è un flauto diverso da quelli che io conosco. Ci spiega che quel particolare flauto, lo Xiao, è uno strumento dalle origini antichissime. E' uno dei doni che l'imperatore gli ha lasciato come testimonianza della sua grande stima nei suoi confronti.
Inizia così uno dei pezzi più allegri del suo vasto repertorio. Con lo Xiao viene eseguito in modo davvero molto impressionante una danza chiamata "La Pulce D'Acqua". La danza si diffonde in tutta la piazza.
Quella de "La pulce D'Acqua" è una storia davvero singolare. Trae origine da una leggenda provveniente dalle lontane terre del Nuovo Mondo. Gli indigeni locali narrano che la pulce rubò l'ombra ad un povero malcapitato che offese la natura. Solo con il canto la pulce gli restituirà l'ombra che per gli indigeni corrisponde ad un ritorno alla vita. La Musica è quindi un vero e proprio esorcismo da tutte le paure e in particolar modo da quella più grande di tutte che è quella della Morte.
Viene presentato poi un brano ispirato alla figura di San Francesco D'Assisi, il suo "Cantico delle Creature". Quella del cantico è una storia davvero particolare, del resto come tutti i brani di Angelo. Qualche anno fa si trovava dalle parti di Assisi e sentì per strada un mendicante recitare il famoso "Cantico del Sole" del fraticello di Assisi. Angelo rimase rapito da quelle parole e si fermò a parlare con quel mendicante. Il mendicante usò parole che impressionarono molto Angelo tanto che questi gli chiese come potesse avere una cultura così ben approfondita. Il mendicate a quel punto gli confessò che la sua vera identità era quella del priore del monastero. Vestire gli abiti dei mendicanti lo faceva sentire più vicino alla gente e quindi alla sua vera vocazione. Angelo rimase così colpito da questo fatto da dedicare al santo di Assisi una serie di brani.
I tamburi iniziano a percuotere l'aria circostante e Angelo impugna la sua viella. Ed è in questo istante che inizia uno dei brani più impressionanti che abbia mai sentito: "Il Cantico delle Creature". Sentire cantare in quel modo uno dei testi che più mi hanno affascinato mi fa davvero un grande effetto. Anche questa esecuzione si completa con un grosso applauso che dura qualche minuto. La gente è euforica. Si scorge sul volto di qualche persona anche qualche lacrima di gioia. Nonostante la Serenissima sia portatrice di grande innovazione musicale con il suo stuolo di artisti, difficilmente può annoverare artisti come Angelo in grado di emozionare con un repertorio tra il popolare e il colto.
E lo spettacolo continua. Angelo è come un fiume in pena e ci regala un brano dietro l'altro, uno più bello dell'altro. Vengono presentati "Cogli la Prima Mela", un brano dal sapore orientale e ispirato ad un tipico racconto della corte di qualche secolo fa, "Alla Fiera dell'Est", un allegro brano dal testo iterativo, "Il Sultano di Babilonia e la Prostituta", sempre dedicato a San Francesco e alla sua singolare esperienza durante la crociata.
Arriva poi un momento molto particolare. I musicisti che lo hanno accompagnato durante l'esecuzione di tutti i brani si allontanano dal palco, accompagnati dal caloroso applauso del pubblico. Angelo prende posto su uno sgabello di legno e afferra il suo liuto. Ci illustra questa parte del suo spettacolo. La Musica può essere scritta non solo per integrazione ma anche per sottrazione, lasciando spazio anche al silenzio. L'effetto che si crea può risultare sgradevole a qualcuno ma qualcun altro può trovarlo davvero molto piacevole. Dopo qualche istante, durante il quale la gente si quieta e rimane come ipnotizzata dalle sue parole, si sentono le inconfondibili note de "La Luna". Questo brano è come un viaggio nel tempo e nello spazio. Si percepisce quasi un distacco dal terreno e una spinta verso l'alto. Angelo riesce così a portarci dentro il suo mondo. Dall'applauso finale capisco che ben pochi hanno trovato sgradevole questa sua interpretazione nel segno del minimalismo. Seguono ancora brani suonati con questa tecnica così particolare: "Polorum Regina", un brano che i pellegrini amano interpretare una volta giunti al Monastero di Monserrat, "Confessioni di un Malandrino", che rispecchia un po' l'infanzia del Maestro, "Il Dono del Cervo", brano di ispirazione pagana che narra del sacrificio di un cervo, "Profumo d'Arancio", bellissima poesia d'amore e "La Collina del Sonno", brano molto rilassante che conclude questo spettacolo memorabile.
L'applauso che si leva a questo punto dura parecchi minuti durante i quali Angelo richiama i musicisiti che lo hanno accompagnato che si accolgono gli applausi con vari inchini. Angelo ci lascia con uno splendido sorriso stampato sul suo viso stanco.
Ci vogliono parecchi minuti prima che la piazza torni ad essere praticabile. Notiamo che Angelo è ancora vicino al palco che sta parlando con il gruppo locale che lo ha accompagnato. Paolo mi suggerisce di farmi coraggio ed avvicinarmi. Con un'emozione indescrivibile riesco ad avvicinarmi. Sento Angelo complimentarsi in modo molto caloroso con il gruppo. Riesco alla fine a farmi coraggio e ad attirare la sua attenzione. Incuriosito Angelo si gira e mi osserva con uno sguardo molto penetrante. Devo dire di essere diventato subito rosso come un pomodoro. Un po' balbettando riesco a formare una prima frase. Gli spiego di essere un giovane musicista e che la sua musica è per me un riferimento. A questo punto Paolo, che è molto più spigliato di me, gli chiede se gentilmente poteva lasciare una sua firma sulla mia viella. Rimango stupito da questa sua domanda perché ricordo benissimo di non aver portato con me il mio strumento. La figuraccia che stavamo facendo non fa altro che aumentare il mio imbarazzo. Come dal nulla appare però la mia amata viella. Paolo ha avuto l'accortezza di portarla via. Angelo con il sorriso stampato sul suo volto stanco decide di accontentarmi. Mentre lasciava il suo segno sul mio strumento mi spiegò che per lui quel momento gli rievocava un lontano ricordo.
Nel 1505, agli inizi della sua carriera, si trovava a Ferrara per il suo viaggio di esplorazione della musica delle corti italiane. Ferrara era governata all'epoca dalla famosa Lucrezia Borgia. In quel periodo alloggiava presso la sua corte il famoso Bartolomeo Tromboncino. Per un giovane musicista alle prime armi, come lo era Angelo, quella è stata un'occasione d'oro. Lo sentì suonare dal vivo varie volte e ne rimase incantato. Nonostante Tromboncino avesse un carattere poco disponibile, Angelo riuscì a strappargli una firma.
Angelo a questo punto afferrò la sua viella e la avvicinò. Tra i molti segni dovuti dal tempo e dall'uso intenso si scorge una piccola firma. Il segno è delicato ma si riesce a leggere "Bartolomeo da Verona detto Tromboncino". Sono passati anni da quel momento così importante per la vita di Angelo ma si legge benissimo nei suoi occhi lucidi che il tempo per un musicista scorre davvero in un altro modo.
A questo punto Angelo ci saluta dicendoci che sarebbe presto tornato in questa città. L'emozione che ha provato in questa giornata lo spinge a ripetere questa esperienza. Ci anticipa anche che presto avrebbe intrapreso un viaggio oltre le Colonne D'Ercole, verso il Nuovo Mondo. Nonostante sia un viaggio piuttosto pericoloso, ci spiega, per un musicista le barriere naturali non sono impossibili da superare.
Il bagliore tenue che si scorge all'orizzonte ci fa capire che il sole ormai sta lasciando spazio alla notte. Si intravedono già le prime stelle. Ed è qui che Angelo ci lascia. Lo seguiamo con lo sguardo fino a quando la notte non inghiotte anche l'ultimo segno della sua chioma d'argento.

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